
Il fondatore
Antonio Lombardi, imprenditore poliedrico e lungimirante, sostenitore del lavoro e dei diritti umani.
La data del 14 Febbraio, San Valentino, è universalmente riconosciuta come la festa degli innamorati. Nell’immaginario comune è un argomento che ben poco ha a che fare con il mondo del lavoro, ma sappiamo che non è proprio così nella realtà.
Una recente ricerca di Glassdoor, infatti, ci rivela che più di un terzo (37%) degli intervistati (1.000 persone) ha vissuto un “Love Affair” nato tra le mura dell’ufficio e, pensandoci, non c’è molto da stupirsi: viviamo mediamente in queste mura 5 giorni su 7, tra le 8 e le 12 ore al giorno, ed è facile in queste situazioni iniziare a provare simpatia, fascino, affezione, affiliazione e, perché no, amore per le persone con cui condividiamo tempi, spazi, interessi e obiettivi.
In questo articolo non ci soffermeremo troppo su questioni di etica lavorativa, ma daremo evidenza di cosa comporta, a livello di relazioni interne all’ambiente di lavoro, la nascita di una nuova relazione amorosa (o per la letteratura psicologica “Workplace Romance”).
Di base, il Workplace Romance nasce come costrutto da studiare in termini psicologici solo all’inizio degli anni 2000.
Precedentemente la tematica veniva affrontata in maniera molto diversa, partendo dal presupposto che fosse una problematica da affrontare, piuttosto che una modalità relazionale da studiare.
Ecco, quindi, che la maggior parte degli studi negli anni ’90 si basavano sul capire quali conseguenze negative avrebbe portato una relazione amorosa sul luogo di lavoro e come l’azienda avrebbe potuto gestire e contenere tali relazioni.
Da questo approccio nascono tutte le policy (molte di matrice americana) volte a scoraggiare, e talvolta impedire, la nascita di relazioni tra colleghi. Tra queste l’obbligo di mettere a conoscenza della relazioni i propri capi o l’obbligo di ricollocazione interna o, addirittura, ostacoli nella crescita di carriera o licenziamento per uno o entrambi i colleghi coinvolti.
Nonostante queste policy siano in atto ormai da decenni, il dato riportato dalla ricerca Glassdoor non ammette repliche: le relazioni amorose sul luogo di lavoro sono una realtà, impedirle o limitarle non ha funzionato, oggi forse è il momento di studiarle senza preconcetti o giudizi etici.
Partiamo, quindi, dall’origine: come e perché nascono relazioni amorose sul lavoro? Secondo uno studio di Quinn, uno dei precursori nella ricerca accademica sull’ambito, sono 3 le motivazioni principali:
La ricerca ci dice come proprio la motivazione con cui nasce una relazione influisce in maniera sostanziale sull’effetto che essa avrà sull’ambiente lavorativo.
Brown e Allgeier sottolineano che quando una relazione nasce per motivazioni di lavoro porta effetti infausti nel clima lavorativo, soprattutto per quel che riguarda la relazione con gli altri colleghi. Dillard, Hale e Segrin evidenziano come persone coinvolte in relazioni di questo tipo risultino mediamente più assenteiste e meno produttive. Chi percorre questa strada è molto spesso alla ricerca di avanzamenti di carriera, sicurezza del posto di lavoro, migliore remunerazione, carichi di lavoro ridotti e ciò può portare facilmente a disapprovazione, gelosia, gossip e, naturalmente, ripercussioni pratiche anche sulla produttività dei dipendenti.
Quando, invece, la relazione nasce per motivazioni legate all’ego la questione è diversa: ricerca di avventura, eccitamento, continua conferma della propria attrattività e della propria importanza. La difficoltà in questo caso è legata a una relazione asimmetrica e immatura e alle conseguenze sulla stabilità emotiva della coppia all’interno dell’ambiente di lavoro.
Infine, le relazioni che nascono per un autentico sentimento reciproco. In questo caso, sottolineano Wallgren e Tidefors, siamo di fronte a persone che cercano autenticamente nell’altro una relazione che possa essere solida e a lungo termine. Secondo i due autori una relazione del genere, quando è vissuta in maniera matura dai partner ed è riconosciuta internamente all’azienda, è in grado di dare energia e impatto positivo all’ambiente lavorativo e alla produttività, spingendo entrambi i partner a un miglioramento continuo nelle loro prestazioni lavorative.
Gli stessi autori ci dicono che una relazione è matura quando i partner riescono a tenere la loro vita personale al di fuori delle dinamiche dell’ufficio. Sono quelle coppie che fanno dire di se ai colleghi “se nessuno mi avesse detto che escono insieme, non l’avrei mai immaginato”. Si differenziano dalle relazioni immature perché i partner non tendono a isolarsi e passare troppo tempo da soli, non portano i loro litigi in ufficio, conoscono e rispettano i tempi di lavoro, non ostentano la propria relazione e i dettagli della stessa con i colleghi.
Attraverso questo studio, vediamo che la separazione della vita personale dell’individuo da quella lavorativa è, quindi, la chiave per avere una relazione matura anche sul lavoro. Questo non vuol dire che gli individui coinvolti in una relazione non siano in grado di lavorare insieme, ma piuttosto che quando essi lo fanno, dovrebbero cercare di comportarsi quanto più possibile in modo professionale, come farebbero se stessero lavorando con altri colleghi.
Superato, quindi, il mito dell’immoralità dell’amore in ufficio, l’auspicio, in una giornata come questa, è quello di riuscire a vivere i propri sentimenti con naturalezza, certi che una relazione matura non sarà di intralcio alla propria carriera. Dall’altro canto sarebbe utile per le aziende rivalutare le policy riguardo l’argomento, non ostacolando a prescindere i rapporti tra dipendenti, ma continuando a chiedere ai dipendenti coinvolti comportamenti professionali ed efficaci per la salvaguardia di un buon clima aziendale.